giovedì 9 luglio 2015

Era mio padre

Fonte: lovethispic.com

Nove anni fa, in un freddo pomeriggio di fine novembre, diedi l'ultimo saluto a mio padre, colpito da una grave e debilitante malattia, che ci lasciò il giorno prima della mia seduta di laurea.

Se ne andava l'uomo a cui dovevo la mia vita, la mia passione per i computer, la persona a cui non ho mai voluto somigliare, con cui ho litigato più spesso di quanto vorrei ammettere, il padre che non avevo mai capito e che, forse non aveva mai capito me.

Oggi mi guardo indietro, osservo il mio cammino e non posso fare a meno di sorridere pensando a quante volte ho ripercorso le sue orme, a quanto io gli somigli per testardaggine e voglia di farcela da solo, per la visione del mondo e di questa amara/dolce terra che sia lui che io abbiamo sempre amato e odiato.

Mio padre ha vissuto i migliori anni della sua vita negli States, in cui si è formato come uomo e come professionista, un bagaglio pesante da portare dietro, specie quando decise di tornare nella sua terra d'origine, la Sicilia. Un background che inevitabilmente gli rese molto stretto questo ambiente così diverso dall'America, così tranquillo e troppo spesso così soffocante.

Eppure lui in qualche modo si adattò. Divenne il primo consulente informatico della zona, quando i computer erano ancora dei cassettoni ingombranti e costosissimi, divenne un programmatore e sviluppò un gestionale per i negozi che commercializzò personalmente.

Ricordo ancora il ticchettio della sua fedele tastiera meccanica IBM, che custodisco ancora gelosamente e che oggi utilizzo per il mio lavoro. Ricordo quel suono continuo delle sue dita sottili e veloci sui tasti, un tac tic tac tic che mi rassicurava, da bambino e che mi faceva addormentare, poiché la mia camera da letto confinava con il suo studio in casa e lui lavorava soprattutto di notte, per via di un'insonnia cronica che lo ha sempre accompagnato.

Mio padre non era un grande amante dei videogiochi, eppure ricordo il suo vecchio manuale del primo Flight Simulator, stampato su un blocco ad anelli che ricorda molto quelli utilizzati dalla NASA o dal Pentagono (se avete visto Apollo 13 o Wargames sapete di cosa parlo), o il floppy contenente Alley Cat e qualche gioco programmato in Basic, come Gorilla, finito chissà come in mezzo al contenitore di tutti i suoi dischetti di lavoro...

È vivissimo in me il ricordo del mio Commodore 64, comprato dopo che mio padre chiese a me e a mio fratello di mettere da parte i soldi fino a Natale. Vedendo quanto avevamo risparmiato (niente sala giochi, niente figurine, niente patatine...), si intenerì e decise di mettere la differenza per comprare un televisore e un paio di giochi, Critical Mass e Chain Reaction che custodisco ancora gelosamente. Da allora, la mia passione per i videogiochi, nata nel baretto vicino la parrocchia che frequentavo da bambino e nelle sale giochi che una volta costellavano il mio paese, crebbe e si sviluppò ulteriormente, per non lasciarmi mai più.

Fonte: GB64.com
Ricordo con tanto affetto le volte in cui mio padre decideva di imbracciare un joystick per giocare con me... ed erano soprattutto le sfide a Cannoni Pronti, un clone di Artillery Duel trovato in una delle mie prime cassettine da edicola della Edigamma, a segnare i momenti migliori passati con mio padre.

Negli anni, lo vidi appassionarsi a Sim City, Need For Speed Hot Pursuit e, soprattutto, alle varie incarnazioni di Flight Simulator prima degli anni 2000, tanto che decise di comprarsi un bel joystick Microsoft Sidewinder.

Nonostante le nostre incomprensioni, dettate da una mia grandissima immaturità e da un gap generazionale piuttosto marcato, non passa giorno senza che io non pensi a lui, non provi il desiderio di poter scambiare due parole, di sentire la sua su quello che sto combinando della mia vita. Possibilmente, oggi ce la intenderemmo moltissimo e questo rende ancora più dolorosa la sua assenza.

Avrei tanto voluto dirgli molte cose, cose che oggi restano sepolte in me. Vorrei ringraziarlo per ciò che mi ha insegnato e che solo oggi riesco a capire e apprezzare, vorrei chiedergli scusa per essere stato il ragazzino arrogante che tanto lo ha deluso e irritato. Vorrei dirgli che ho capito molte delle cose che ai tempi non apprezzai e che anzi mi allontanarono ancora di più da lui.

Vorrei dirgli che ho perdonato molte delle sue mancanze, ma mi trovo invece qui davanti al monitor, a scrivere un post che ho rimandato da molto, forse troppo tempo.

Da quasi tre mesi, penso a lui ancora più spesso, dopo aver ricevuto la meravigliosa notizia che fra un po' anche io sarò un papà.
Il 25 maggio mia moglie mi ha detto che siamo in attesa del nostro primo bambino (non sappiamo ancora se sarà un maschio o una femmina). È stato il risveglio più dolce e felice della mia vita, anche se in tutto questo c'è un lieve retrogusto amaro, dato che mio padre non potrà godersi il suo primo nipote, che mio figlio o mia figlia non conoscerà mai il nonno paterno, un po' come capitò a me con il mio, venuto a mancare quando ero davvero molto piccolo.

Non mi reputo una persona particolarmente spirituale, ma spero dentro di me che da qualche parte lui stia sorridendo al pensiero di diventare nonno e che, magari, abbia potuto perdonare un figlio così idiota.

Sento che una parte di lui vive in me e spero di poter passare ai miei figli le cose buone che mi ha lasciato e per le quali gli sarò grato per sempre.

Ovunque lui sia, è e sarà sempre nel mio cuore.